Oratorio bizantino
“Senza volerlo, ogni giorno rischiamo di trasmettere un po’ del nostro futile disincanto agli innocenti, agli inermi”. La paura è che perpetuare il nostro sistema di “vanità”, la perdita della “sacralità” un tempo nostra e condivisa, faccia soprattutto male ai giovani, ai bambini…
Ma come si fa ad essere così sconsolati? Perché ormai si avverte che manca proprio quel cum che potrebbe appunto consolarci, se avessimo intono qualcuno con il quale dividere la pena! Invece intorno in genere si coglie indifferenza, se non è apatia, se non è la superiore atarassia dei vecchi greci… Intorno ormai c’è un senso diffuso di tanto chi me lo fa fare, non è che vada poi così male, ma perché te la prendi tanto…
“Ce ne sono in ogni luogo, cucitori dell’ovvio, idioti senza dolore. – scrive Franco Arminio nel suo dolente e forse inconsolabile Oratorio bizantino, in cui ha raccolto scritti di un decennio apparsi su vari giornali, scritti alla sua maniera, con la sofferta consapevolezza di isolato. – Vorrei che qualcuno di loro, una sola volta, si dicesse affranto o disonesto o consapevole della merda che ha messo in giro. E invece stanno qui a ronzare compiaciuti sul niente in cui sono affaccendati, quasi fieri di essere meschini e astuti”.
Questo non ci consola, perché a questo punto, ci sembra di essere una bestia rara, una di quelle in via di estinzione con tutto il suo abituale habitat, al quale più nessuno vuole interessarsi (se non, come appunto si fa con gli animali rari, con interventi palliativi spesso a fini spettacolari): ci si sente fuori dal mondo, prigionieri di un mondo nostro che è solo nostro, intriso di quel che sentivamo come nostro e possiamo tenerci come tale, dal momento che non importa ad altri, a quasi tutti gli altri!
È impossibile persino rimanere fedeli al piccolo quotidiano in cui si vorrebbe conservare un’identità non compromessa. I compagni di partito non ci sono più, perché nemmeno c’è il partito, non c’è più la sezione in cui si discuteva animatamente: ora si guarda la tv e si impara che “bisogna vedere, bisogna aspettare, bisogna capire”... Nel paese dal quale troppi sono emigrati e parecchi degli altri sono morti, ci si commuove sempre meno per la scomparsa di qualcuno, che sia il vecchio sacerdote (magari arriva il vescovo e tutto il clero in pompa magna – e la tv), o il bambino “scivolato in paradiso” per un incidente.
“Adesso è come se qui ognuno di noi fosse già morto. Siamo tutti una banda di inesistenti in un mondo che non c’è più”.